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Eventi e reazioni.

Eventi e reazioni.

Spesso prendo appunti e poi li lascio lì, da qualche parte sul tavolo di lavoro, in attesa di trascriverli. E stamattina, facendo un po’ di pulizia sul tavolo, ho trovato uno di questi foglietti.

Come mai, pur di fronte ad uno stesso evento, le persone reagiscono e si comportano in maniera diversa, ottenendo anche risultati diversi? Ora non ricordo chi abbia sentito parlare o da che libro ho tratto lo spunto. Sta di fatto che questa cosa mi è sembrata interessante ed un argomento su cui riflettere.

Il significato che noi attribuiamo ad un qualsiasi evento determina il modo in cui reagiamo all’evento stesso.

La felicità

I bambini sono felici anche se non accade nulla

La felicità.

Quante volte ci siamo detti: sarò felice ‘quando’ … oppure ‘se’ …

Non possiamo aspettare che le cose accadano per sentirci felici. Dobbiamo “essere felici” ora, non domani. I bambini sono felici anche se non accade nulla. A loro basta poco.

Ghandi diceva che siamo felici quando i nostri pensieri, le nostre azioni e le cose che diciamo sono in sintonia tra loro. Questa è la felicità.

Vivi con passione.

In un paragrafo di un suo libro Claudio Belotti scrive: “vivi con passione”. E allora prendo spunto da questa frase.

Ti capita mai di sentirti scarico e di non aver voglia di non fare niente? Non so a voi, ma a me capita, purtroppo. In questi casi, o lasci ai tuoi pensieri il potere di buttarti ancora più giù o cerchi di cambiare il tuo stato mentale. In questo secondo caso puoi scegliere di pensare a momenti in cui ti sei sentito bene, a cose belle che hai fatto e che ti hanno motivato, o ancora a risultati che hai ottenuto, anche se con qualche difficoltà. Oppure puoi usare la fisiologia per obbligare la tua mente a spostare il suo focus.

Obbiettivi e risultati – parte 2

Ieri sera ero andato a letto con una domanda senza risposta. Cos’é che in quel caso aveva fatto scattare la molla della coerenza, che ancora oggi mi fa comportare in quel modo? Ebbene, stamattina stavo seguendo una lezione di Pnl di un formatore. Titolo dell’argomento era: “I livelli di pensiero di Robert Dilts”. Suppongo che ne abbiate sentito parlare. Ebbene, mentre ascoltavo mi si è accesa una lampadina, il mio flash! E si, da alcuni anni a questa parte di tanto in tanto queste cose avvengono nella mia mente. Immagino che accadano anche a voi perché, se ciò non avvenisse, dovrei cominciare a preoccuparmi per me. Scherzi a parte, i cambiamenti avvengono quando c’è un allineamento tra i vari livelli, è questo il collegamento tra i due episodi. Nell’esempio delle strisce pedonali non avevo trovato un collegamento con la mia mission. Ma il mio cambiamento era in sintonia con i primi 5 livelli di cui parla Robert Dilts: l’ambiente, il comportamento, le capacità, i valori e le credenze, l’identità. E questo mi aveva permesso di essere coerente con quello che pensavo, dando luogo di fatto ad un nuovo comportamento a costo zero e senza ripensamenti futuri. Per quanto riguarda invece gli obbiettivi mancati, ho iniziato a lavorare sui livelli da sistemare, ed in particolare sulla mia identità. Mi è costato raccontare di me. Tuttavia questo lavoro è diventato uno stimolo a lavorarci su. E guarda caso, quando ci lavori, prima o poi ottieni dei risultati.

Obbiettivi e risultati

Credo di sapere ormai, almeno credo, come pianificare obbiettivi che portino a risultati. Ciò malgrado, in questo periodo sto avendo difficoltà a raggiungerne alcuni. L’altro giorno, mentre camminavo, riflettevo su questa cosa e mi è venuto in mente un episodio accadutomi qualche anno fa, e che ho descritto nel mio libro sul fumo.

C’era una volta.

C’era una volta. Stamattina aspettavo fuori dal negozio del macellaio in attesa di entrare a prendere un po’ di carne. Seduto fuori c’era un signore. E mi è venuto da dire: bei tempi quando potevi entrare senza rimanere fuori a prendere freddo. Certo che questa cosa ce la ricorderemo. Ai nostri nipoti potremo raccontare di quel periodo in cui improvvisamente la nostra vita è cambiata. Tutto ciò che avevamo fatto o potuto fare fino al giorno prima improvvisamente non lo abbiamo potuto più fare: niente scuole, niente asili, niente lavoro, niente passeggiate, niente vacanze. Casa, casa e casa. Si usciva solo per andare a fare la spesa, andando vicino a casa e per un breve periodo. Non ci si poteva salutare dandoci la mano né ci si poteva abbracciare. Niente traffico, poco inquinamento, multe e denunce per chi trasgrediva le regole. Pace, niente bambini che giocavano nel parco facendo casino, niente anziani a passeggio. Tutto fermo! E tutto questo non tanto tempo fa: solo qualche anno addietro!

Devo dire che non sto soffrendo questo grosso cambiamento. Si, il fatto di non poter uscire per lavorare ed aiutare le persone a rilassarsi mi manca. Mi manca il contatto diretto con le persone. Ma l’ho accettato con rassegnazione. In compenso cerco di prepararmi per il domani che arriverà. Perché arriverà e ci saranno sicuramente grosse opportunità malgrado tutto. Nel frattempo ho cominciato a farmi venire idee nuove, cerco di fare online quello che facevo prima di persona, anche se ogni tanto, per fortuna non spesso, mi lascio andare a perdere tempo utile, alzandomi più tardi o facendo cose meno importanti rispetto a quello che dovrei fare. Stranamente mi crea più ansia il dover andare a fare la spesa, sapendo che dovrò aspettare qualche ora di fuori, prima di entrare e fare gli acquisti. Nell’attesa potrei ascoltare degli audio dal telefonino. Ma non mi piace togliere e mettere i guanti ogni volta, perché tutto ciò che hai a portata di mano, carrello compreso, sono possibili portatori di virus. E quindi evito di farlo annoiandomi, nell’attesa che arrivi il mio turno.

Sto usando bene il mio tempo?

Sto usando bene il mio tempo?

Sto usando bene il mio tempo?

Qualche giorno fa mi sono chiesto se sto sfruttando bene il mio tempo. La programmazione è importante, anzi direi indispensabile. Ma se poi non vai ad analizzare quello che hai fatto e non ti fai delle domande, rischi di non sentirti soddisfatto per come hai agito. E così mi sono detto che avrei dovuto ricominciare a farmi delle domande specifiche, soprattutto a fine giornata, prima di andare a letto: cosa ho fatto bene oggi? Cosa non ho fatto che avrei dovuto fare? Cosa avrei potuto fare meglio? Che cosa avrei dovuto evitare?

Sono due giorni che ho ripreso a farmi queste domande. Ma non sono ancora soddisfatto dei risultati raggiunti. E’ che ancora non sto programmando bene la mia giornata, prendendomela con comodo. Tanto non puoi uscire e puoi fare con calma, mi dico a volte. E a fine giornata compare, quasi miracolosamente, il senso di colpa. Per evitare che ciò accada non ho altra soluzione che imparare ad essere più efficace. E la soluzione potrebbe venire fuori da questa domande: come posso far si che a fine giornata possa dire di aver lavorato bene? Quali sono le cose prioritarie che devo portare avanti e quali invece devo mettere da parte o fare in altri momenti?

Spesso abbiamo paura di tentare.

La paura di tentare.

Spesso abbiamo paura di tentare (estratto dal mio libro: fumo zero in 30 minuti).

E così ci dimentichiamo dei grandi benefici che potremmo ottenere, a seguito del cambiamento.

Mi dirai: ma non è così facile decidere di punto in bianco di smettere di fumare. Lo so. Quando ho deciso di smettere “di drogarmi” – sì, questa è la parola giusta – ero convinto che ce l’avrei fatta, anche se avevo messo in conto la possibilità di non riuscirci. E’ una cosa che può capitare, mi dicevo. Esce fuori un imprevisto, e tutto va a gambe per aria, tu e la tua voglia di smettere.

Il potere delle domande

Il potere delle domande.

Rileggendo gli appunti di un recente corso mi è venuta in mente una cosa che faccio da qualche tempo: lascio degli “appunti” qua e là sul tavolo ed alla fine, quando mi servono, devo andare a cercarmeli tra un foglio e l’altro, non trovandoli immediatamente ed a volte anche arrabbiandomi. Negli appunti erano riportate una serie di domande, di cui per la verità mi ero dimenticato, utili per ottenere risultati anche in campi in cui non li si hanno. Ho preso come riferimento positivo una cosa che mi riesce bene: rapportarmi bene e quasi subito con i bambini. E così, con il foglio a portata di mano, ho fatto il mio esercizio, rispondendo alle domande che trovi qui sotto, e mettendo su due colonne sia la cosa che mi riusciva bene, sia quella che non mi piaceva.